Da alcuni anni ormai assistiamo a un fenomeno apparentemente innocuo che nasconde conseguenze sulla nostra vita quotidiana. Mi riferisco allo spostamento del consenso popolare verso quei soggetti che adottano un sistema molto pratico e in voga fin dall’antichità: fornire risposte semplicistiche e soluzioni immediate a problemi di una complessità tale da richiedere anni per riuscire a sistemarli.

 

Questa tendenza, peraltro, si poggia su un paradosso. Mentre arrivano segnali di ripresa dal punto di vista economico, mentre la qualità della vita si alza a ritmi altissimi rispetto ad altre epoche, vediamo circolare intorno a noi persone sempre più insoddisfatte, frustrate e dedite al lamento come unica ragione di vita. Pare proprio che il conflitto tra dati oggettivi e percezione della realtà sia in aumento nonostante abbiamo tutti a disposizione strumenti coi quali andare oltre quella che potremmo semplicisticamente definire “manipolazione di massa”.

 

La circostanza vede coinvolti, sia in veste di vittime che di responsabili, tanto i media tradizionali quanto i social. Entrambi, infatti, esercitano più o meno volontariamente una decisa influenza sulle informazioni relative a fatti di carattere economico, politico, sanitario, giudiziario, sportivo, sociale, lavorativo e così via.

In questo modo, e non ci vuole poi tanto a rendersene conto, chiunque abbia in mano qualche competenza linguistica in più è in grado di orientare la percezione quotidiana sia del singolo soggetto che di un intero gruppo sociale verso conclusioni che sono del tutto antitetiche rispetto ai dati oggettivi.

 

Roberto Basso e Dino Pesole, due esperti particolarmente bravi a spaccare il capello in quattro, illustrano in una recente pubblicazione alcuni esempi in campo economico, sottolineando che «l’economia percepita influenza gli orientamenti di voto e determina le aspettative di famiglie e imprese». E queste a loro volta «incidono sulle scelte di consumo e di investimento, determinando l’andamento reale dell’economia».

Insomma, cari politici, influencer (me ne vengono in mente un paio al volo…), poltronisti da talk show, giornalisti e relative compagnie di giro: complimenti, siete sempre più bravi!

 

Talmente bravi che questa vera e propria distorsione percettiva ci tiene ovviamente a debita distanza dall’oggetto che dovrebbe catturare la nostra attenzione, ovvero approfondire questa dicotomia tra sistemi che da un lato professano diritti liberali, ma perdono presa sul cittadino; e dall’altro puntano esclusivamente ad avere il massimo seguito possibile anche se questo comporta la riduzione, e in alcuni casi l’azzeramento, proprio di quei diritti liberali.

 

Il tema è tremendamente attuale, straordinariamente affascinante, ma anche intellettualmente impegnativo. Noi stessi che osserviamo queste dinamiche, molte quando è ormai tardi, ci rendiamo conto che in fondo in fondo ne siamo tutti un po’ complici. Siamo noi, infatti, ad essere sempre più insofferenti verso il sapere, tant’è che abbiamo celebrato una classe politica che del proprio infimo background fa un vanto; siamo noi, inoltre, che alimentiamo le modalità ansiogene dei media, tant’è che il click su certi titoli, dietro i quali si nascondono spesso fake news, non sfiora nemmeno le aree razionali del cervello; siamo noi, infine, che scegliamo di pendere dalle labbra di quegli stessi politici, influencer, poltronisti da talk show, giornalisti e relative compagnie di giro che ragionano, eccome se ragionano, solo sull’affermazione del proprio ego.

 

Di questi argomenti, e di tutto ciò che ruota intorno ai linguaggi, discuto spesso con la mia rete. Parliamone insieme, magari davanti a un buon caffè, con un click qui