In aula faccio spesso riferimento al Triune Brain (“cervello trino” in inglese), il modello della struttura e dell’evoluzione dell’encefalo elaborato negli anni 80 del secolo scorso da Paul Donald MacLean, medico e neuroscienziato americano.
Secondo MacLean vi sono tre formazioni anatomiche distinguibili in:
– R-complex, o cervello rettiliano
– Sistema limbico, o cervello paleo mammaliano
– Neocortex, o cervello neo mammaliano
Ognuna di queste strutture è adibita a determinate funzioni, ognuna delle tre riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano, ognuna ha il suo fascino. Ma delle tre quella che mi intriga di più è quella parte della nostra materia cerebrale più legata alle emozioni: il sistema limbico.
Nel sistema limbico nascono, ad esempio, i fenomeni di gratificazione o gli attacchi di panico, ansia, paura di morire, senso di soffocamento, o il mantenimento della memoria. Il sistema limbico è strettamente connesso alla corteccia prefrontale e molti scienziati ritengono che i circuiti di collegamento siano coinvolti nei meccanismi di presa di decisione in base a reazioni emozionali.
Questa premessa, apparentemente superflua, ci dice una cosa importantissima: più l’emozione è intensa, più l’esperienza si inscrive nella memoria; quindi è al sistema limbico che va prestata la massima attenzione. Infatti, questa struttura contiene prevalentemente operatori emozionali: fobie, aggressività, cura della prole, richiamo materno, innamoramento e gioco, tutte abitano qui.
Addirittura, una componente chiave del sistema limbico, l’amigdala, riceve informazioni da un suo vicino, il talamo, prima ancora che arrivino alla neocorteccia, la parte più moderna e razionale del nostro cervello: l’emozione, perciò, può manifestarsi qualche impercettibile attimo prima che essa acquisti una componente cognitiva, prima cioè che la neocorteccia ci abbia “pensato sopra”.
Quanto contano tali nozioni per noi che parliamo in pubblico, per noi che gestiamo persone, per noi che ci relazioniamo coi nostri clienti? Tantissimo, molto più di quanto crediamo. Immagina, ad esempio, di preparare la traccia del tuo prossimo intervento o del tuo prossimo colloquio. Ebbene, le parole che hai scelto avranno un effetto particolare su chi ti ascolterà e questo perché alcune possono generare una reazione negativa ed altre una reazione positiva in base a come il loro sistema limbico le percepirà.
Gli studi sulle neuroscienze, infatti, hanno verificato come alcune parole e frasi funzionino letteralmente da interruttori di determinate aree del sistema limbico, come la stessa amigdala, la struttura che agisce come una sentinella, capace di innescare il panico nel cervello e di inondarlo con ormoni dello stress, in particolare dal cortisolo, che impedisce ai tuoi ospiti di gestire razionalmente la situazione.
Altre parole e frasi, invece, a parità di significato rispetto a quelle precedenti, accendono altre aree del sistema limbico come il “nucleo accumbens” che potresti stimolare a produrre la giusta quantità di dopamina, un ormone che svolge un ruolo importante in comportamento, cognizione, movimento volontario, motivazione, umore, attenzione e apprendimento.
Tra tutti questi ormoni che possiamo generare con l’utilizzo consapevole delle parole, un approfondimento che farò presto insieme a te riguarda la serotonina e l’ossitocina. La prima interviene a creare un atteggiamento tranquillo, fedele, e rende una personalità “costruttiva”; la seconda ha un ruolo chiave nell’affetto reciproco, nell’attaccamento e nel piacere in genere.
Nei prossimi articoli ti spiegherò volentieri come rendere queste due sostanze chimiche preziose alleate nelle nostre relazioni, nel frattempo respira energia positiva dalle persone che ti danno ciò di cui hai bisogno e quando ti va di imparare piacevoli e pratiche strategie per raggiungere il tuo prossimo obiettivo, contattami così!